Le narrateur, un entomologiste commence à s’intéresser au destin d’un de ses prédécesseurs, René Malaise, inventeur du «piège à mouches», instrument efficace de collecte des mouches, passion pour laquelle il a exploré des terres lointaines et exotiques telles que le Kamchatka ou la Birmanie. La «chasse» à Malaise, nominalement le personnage principal du livre, lui donne sa trame narrative ; mais parallèlement le narrateur raconte sa propre vie : sa passion de collectionneur (d’insectes et de destins énigmatiques), son rapport à son métier – plus exactement à ses métiers : biologiste et écrivain, ses méditations sur la nature de la recherche scientifique et sur celle de la quête littéraire, sur la collecte et les collectionneurs, l’art et la science, l’espace et le temps… Ces interrogations nous apportent une nouvelle acuité sur notre propre continuité à travers le temps. Tout cela n’a rien de spéculations abstraites, il ne s’agit pas de bâtir un système ; ce sont des histoires drôles, des anecdotes, des saynètes qui constituent la matière première de cette prose – à la fois légère et profonde, multidimensionnelle et parfaitement claire, de cette pensée qui vagabonde sans jamais s’égarer. Un livre qui touche des sujets aussi divers que la philosophie, l’environnement, la science, l’art, etc. et suscite des émotions. Des rêveries – jamais de «discours» ! – d’un «promeneur solitaire», mettant en scène une foule de personnages, et dont le Piège à mouches a déjà attrapé un bel essaim de lecteurs, aussi bien en Suède qu’en Allemagne. Fredrik Sjöberg ne raconte pas seulement de petits insectes et de grandes passions, mais aussi d’étranges rencontres sur la vie, l’amour et la mort.

Piège à Mouches

Donner une idée des écrits de Fredrik Sjöberg est à la fois facile et très difficile. Facile parce qu’il suffit d’évoquer la prose envoûtante et mélancolique de W. G. Sebald et de dire : voici la même famille d’esprits, en plus humoristique, plus ludique, mais tout aussi fascinant et profond. Difficile, parce que, comme chez Sebald, c’est une prose inénarrable : la décrire c’est comme décrire un morceau de musique, c’est-à-dire passer à côté de l’essentiel.L’histoire ? Bien sûr, il y a une histoire : le narrateur, un entomologiste (comme l’auteur lui-même) commence à s’intéresser au destin d’un homme à facettes multiples : un scientifique, spécialiste des vers de terre, qui fut également historien d’art, viticulteur de renom, photographe, aquarelliste, mais aussi théosophe, ami de Strindberg et un des pionniers du mouvement écologique aux Etats-Unis. Gustaf Eisen (1847-1940) est le nom de cet étonnant personnage dont Fredrik Sjöberg raconte la vie – et en faisant cela, il raconte également la sienne propre : sa passion de collectionneur (d’insectes et de destins énigmatiques), son rapport à son travail, scientifique et littéraire, ses méditations sur la nature, sur la collecte et les collectionneurs, l’art et la science…Point de spéculations abstraites, il ne s’agit pas de bâtir un système ; des histoires drôles, des anecdotes, des saynètes constituent la matière première de cette prose à la fois légère et profonde. Une pensée qui vagabonde sans jamais s’égarer ; des rêveries d’un « promeneur solitaire », mettant en scène une foule de personnages, aux destins souvent rocambolesques.Né en 1958, Fredrik Sjöberg - biologiste, écrivain et critique littéraire – vit à Runmarö dans l’archipel de Stockholm. Il a été nominé pour le prestigieux Augustpriset (le Goncourt suédois) et a obtenu le Vinterpris de Samfundet De Nio (l’Académie pour la littérature, à Stockholm). Ses livres ont été traduits en allemand, en russe, en norvégien, en anglais…

La troisième île

Grazie al caso, manovratore nascosto di destini umani, in un'asta di Stoccolma riemerge dal nulla un quadro dimenticato di quasi un secolo fa, il ritratto di due cugine adolescenti firmato dal danese Anton Dich. « Dimenticato » è forse troppo, visto che il suo autore non è ricordato in alcuna storia dell'arte, ma chi potrebbe incuriosire Fredrik Sjöberg più di un eccentrico ai margini dell'eccentricità bohémienne? Anton, patrigno di una delle due ragazze ritratte, ha lasciato scarse tracce di sé. Si aggira poco più che ombra tra i caffè di Montparnasse negli anni dell'avanguardia del primo Novecento, quando Parigi pullula di artisti di tutta Europa in cerca della loro strada. Pittore di talento, sembra sempre nel posto giusto al momento giusto, eppure lui la strada per il successo non la troverà mai, e morirà solo e alcolizzato a Bordighera nel 1935. Che cosa l'ha spinto alla deriva? Per scoprirlo, Sjöberg incontra le nipoti svedesi di Anton, scava nella famiglia matriarcale della moglie Eva Adler, ricostruisce complessi alberi genealogici e intreccia storie di carriere ben più luminose: Modigliani, Picasso, Derain, Brecht, Cendrars. Indulgendo alle divagazioni autobiografiche, botaniche, perfino filateliche, lascia spesso la strada maestra per produrre nei détours inaspettate esplosioni di senso, cui la sua consueta ironia elegantemente sottrae enfasi. E in fondo a questo viaggio tra Göteborg, Copenaghen, Parigi, la Costa Azzurra, la riviera ligure, addirittura Leopoli, resterà la sensazione di aver letto non tanto la biografia di un uomo quanto quella di un'epoca, una storia di sogni e nevrosi del XX secolo, ma anche dell'eterna ricerca di qualcosa che somigli all'immortalità.

Mamma è matta, papà è ubriaco - Uno studio sul caso

« Le esperienze artistiche possono essere travolgenti quasi quanto gli amori », pensa Fredrik Sjöberg quando in una casa d'aste di Stoccolma rimane folgorato dal dipinto di un pino. Spinto dalla sua proverbiale passione per tutto ciò che è insolito, scopre che l'artista è Gunnar Widforss (1879-1934), tanto sconosciuto in Europa quanto amato in Nord America, dove è considerato « il pittore dei parchi nazionali » e ha dato il proprio nome a una cima del Grand Canyon. Comincia così un'avventura sulle tracce di opere, lettere e fonti sperdute per ricostruire la vita, la vocazione e l'ossessione di questo inquieto acquerellista: un vagabondo squattrinato alla solitaria ricerca di bellezza, stretto tra il bisogno di creare e l'ansia di riuscire, che dopo aver girato mezzo mondo pianta la sua tenda nello Yosemite e dedica i suoi giorni a ritrarre i più suggestivi paesaggi d'oltreoceano. Un viaggio che conduce Sjöberg in Nevada, Arizona e Colorado, nella wilderness di Emerson e Thoreau, attraverso la storia delle riserve, naturali e indiane, con il dubbio se servano più a proteggere o a ghettizzare. Un racconto che si snoda tra curiosità storiche e aneddoti spassosi, dalla nascita dell'industria del chewing gum alla carovana di cammelli che aprì la Route 66, dalla luce dei dipinti di Turner al tacchino che Benjamin Franklin voleva al posto dell'aquila come simbolo degli Stati Uniti. Irresistibile affabulatore, Sjöberg ci fa appassionare a un altro dei suoi eccentrici outsider con un nuovo capitolo della sua riflessione sul rapporto tra uomo e natura.

L'arte della fuga

Tutti nell'intimo siamo collezionisti di mosche, anche se non ce ne siamo mai accorti.« Nessuna persona sensata si interessa alle mosche », e soprattutto, ahimè, non le ragazze. Ma sono questi screditati insetti ad aver cambiato la vita di Fredrik Sjöberg, o meglio, la curiosa famiglia dei sirfidi, che abbondano nell'idilliaca isoletta svedese dove si è trasferito e di cui è uno dei maggiori esperti e collezionisti. E sono loro il suo ironico punto di partenza per osservare la vita da un'altra ottica, l'alfabeto di una lingua nuova per leggere il paesaggio, e forse il mondo. La lentezza; la poesia dell'attesa; la sicurezza del vivere entro i confini ristretti di un'isola perché « si dorme meglio con la porta chiusa »; il collezionismo come bisogno di controllare il caos dell'esistenza; gli altri grandi irrequieti, Chatwin, Lawrence, Kundera, affascinati dalla catalogazione: attraverso divagazioni, storie, aneddoti si resta presi nella rete di un'incantata affabulazione, fino a scoprire che « tutti nell'intimo siamo collezionisti di mosche, anche se non ce ne siamo mai accorti ». Un inclassificabile romanzo-conversazione in cui all'esperienza dell'autore fa da controcanto l'avventurosa vita di René Malaise, geniale inventore della trappola che ha permesso di scoprire migliaia di nuove specie: un don Chisciotte alla Balzac, esploratore in Kamcatka, nella Birmania dei tagliatori di teste, in luoghi selvaggi che erano allora chiazze bianche sulle carte geografiche, illustre scienziato e teorico visionario dell'esistenza di Atlantide. L'uomo degli eccessi che diventa per Sjöberg il suo inafferrabile alter ego. Sarà poi così vero, allora, che la felicità è a portata di mano, che basta contemplare il proprio giardino, che l'arte di porsi limiti è forse il suo segreto?

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