La buona educazione - Per un incontro ecocompatibile con la natura e l'ambiente: LiBeR 106
Occupy!
Publié par Il Saggiatore, le 25 mai 2012
Résumé
Li hanno scherniti e derisi. Li hanno picchiati e arrestati. Hanno distrutto le loro tende e i loro libri. Ma non hanno perso la determinazione, non hanno mollato. Una volta ancora hanno giurato fedeltà al movimento, consci di rappresentare la grande maggioranza colpita dalla crisi. Dal 17 settembre 2011, Occupy Wall Street si oppone alla speculazione fi nanziaria e alle disparità sociali emerse con la Grande recessione. In poche settimane, con base a Zuccotti Park, il movimento si autodisciplina, si organizza in gruppi di lavoro, comunica tramite Twitter e YouTube, si diffonde come un virus democratico da New York a Boston, da Oakland ad Atlanta, da Los Angeles a Seattle, con lo stesso impeto che ha mosso gli indignados in Europa e i giovani della Primavera araba. Fino a conquistare la copertina di protagonista dell'anno di Time. Assemblee, marce, raduni, accampamenti sono gli strumenti di lotta contro le grandi banche JPMorgan Chase, Goldman Sachs, Bank of America, Citigroup, Wells Fargo, accusate di avere allargato a dismisura la forbice tra ricchi e poveri. Occupy! raccoglie le voci di chi partecipa attivamente, di chi simpatizza, di chi guarda e passa, di chi cerca soltanto una tenda e un po' di cibo. Sono studenti, operai, giornalisti, disoccupati, bancari « fuoriusciti ». E intellettuali di fama internazionale. Slavoj Zizek mette in luce le contraddizioni della sinistra americana e la necessità di un nuovo anticapitalismo attento al « bene comune »; Angela Davis invita a dare un senso positivo, di progresso, alla parola « occupazione »; Judith Butler mette l'accento sul valore del movimento come « alleanza di corpi », fonte di energia democratica; Rebecca Solnit raccomanda l'offensiva nonviolenta come unico strumento per costruire una società davvero civile. Tutti sono d'accordo su un punto. Siamo il 99%. E l'1% non può dettare le condizioni. L'1% non può mangiare tutta la torta. A New York il malessere diffuso si traduce in rito collettivo, esempio di partecipazione attiva e creativa in un paese che fa i conti con se stesso, con il principio per cui il denaro è il solo che può dare la libertà, con il trentennio liberista che ha portato il mondo intero sull'orlo del precipizio. Iniziato come raduno spontaneo dipoche centinaia di persone, Occupy Wall Street ha scosso l'America e ridefinito i termini del rapporto tra singolo e comunità. Oggi, dopo lo sgombero forzato del novembre 2011, è tornato a farsi sentire, per cercare altri spazi, altri bersagli da colpire. Il rischio è sempre quello di sem plificare, di farne una bravata da raccontare agli amici. L'occupazione è viva e deve continuare. Per capire se si tratta del sussulto di un attimo o della fine di un'epoca.
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